L’APPLICAZIONE DI STENT
Lo stent endocoronarico è una piccola rete metallica (fatta prevalentemente di acciaio, in altri casi di leghe metalliche tipo cromo-cobalto) che viene applicata dentro l’arteria coronarica e lasciata sul luogo, in modo da prevenire una nuova ostruzione del vaso.
Durante il trattamento
Dapprima viene eseguito il cateterismo cardiaco, quindi viene eseguita l’angioplastica per poi continuare nel seguente modo:
– lo stent viene posizionato su un catetere con un palloncino in punta. Il catetere con lo stent viene fatto avanzare lungo il filo guida fino al punto dell’arteria precedentemente trattato con l’angioplastica.
– Il palloncino viene gonfiato in modo da espandere lo stent e mantenere così la placca compressa contro le pareti dell’arteria. Quando lo stent è completamente espanso, tutti i cateteri e il filo guida vengono rimossi.
– Lo stent rimane posizionato all’interno dell’arteria in modo da prevenire una nuova ostruzione (restenosi).
La restenosi (cioè la tendenza del vaso dilatato a richiudersi nuovamente) rappresenta uno degli ostacoli contro i quali il cardiologo interventista ed il cardiologo clinico devono combattere; le percentuali di restenosi dopo applicazione di stent metallico oscillano dal 20 al 40%, e sono più elevate man mano che si trattano vasi coronarici più lunghi e di diametro minore.
Al fine di combattere questa risposta (la restenosi può essere considerata una “tendenza riparativa” un po’eccessiva in risposta ad un trauma indotto dall’impianto stesso dello stent) sono stati introdotti in commercio degli stent particolari: i cosiddetti stent medicati, a rilascio di farmaco.
Cosa sono gli stent medicati?
Sono degli stent che hanno al loro interno una sostanza detto polimero che ha la funzione di rilasciare lentamente (nel giro di settimane e mesi) una sostanza farmacologica che inibisce la risposta infiammatoria della parete coronarica. I nomi di queste sostanze sono: sirolimus, everolimus, taclipaxel, zoratolimus ecc.; la fondamentale azione di queste sostanze è legata alla capacità di ridurre la risposta “riparativa” del vaso; in sostanza riducono significativamente la restenosi.
Il lato meno positivo di questi stent è costituito dal costo (che è maggiore, circa doppio-triplo, rispetto ai normali stent metallici) e dal potenziale maggiore rischio di trombosi dello stent (in quanto viene ritardata, con questi stent, la normale endotelizzazione, cioè la ” pavimentazione” che permette al sangue di scorrere all’interno dello stent senza entrare in contatto con le maglie metalliche di questa endoprotesi).
IMPORTANTE!!
Nel caso di impianto di stent medicato si raccomanda una terapia farmacologica molto rigorosa: la cosiddetta terapia antiaggregante piastrinica doppia (Aspirina + Plavix) per 1 anno, dopodichè si potrà continuare con la semplice Aspirina.
Nel caso di stent metallico semplice la doppia terapia antiaggregante piastrinica potrà essere consigliata per 1-2 mesi.
DOPO IL TRATTAMENTO
Lei farà ritorno all’Unità coronarica o in una speciale stanza di degenza.
Dovrà rimanere sdraiato per alcune ore.
A seconda del tipo di trattamento cui è stato sottoposto, potrà fare ritorno a casa il giorno stesso o passerà la notte in ospedale. Prima di lasciare l’ospedale, il medico Le spiegherà i risultati del trattamento.
La rimozione della cannula-introduttore
La cannula-introduttore potrebbe essere lasciata in sede per alcune ore in modo da prevenire un’emorragia.
Quindi verrà rimossa. La zona di introduzione viene tenuta chiusa o compressa manualmente per almeno 15 minuti al fine di prevenire il rischio di emorragia. A volte vengono applicati speciali dispositivi che da soli permettono la chiusura delle arterie o la loro compressione.
L’approccio vascolare per via radiale
In questi ultimi anni molti Centri di Emodinamica hanno acquisito competenza sull’utilizzo della via di introduzione del catetere che viene utilizzato per eseguire non solo la coronarografia, ma anche la procedura interventistica di angioplastica.
Normalmente la via di accesso più praticata è l’arteria femorale, posta nell’inguine; si tratta di un grosso vaso, la cui puntura è eseguibile facilmente ma che, in presenza di farmaci anticoagulanti in circolo (come accade ad esempio in corso di infarto miocardico acuto) può provocare sanguinamenti anche gravi, con formazione di ematomi, pseudoaneurismi, emorragie che richiedono trasfusioni.
L’ utilizzo di una via arteriosa di dimensioni minori, come l’arteria del polso (arteria radiale), presenta maggiori difficoltà tecniche, ma ha il vantaggio pratico di non esporre a complicanze di tipo emorragico, in quanto la rimozione della cannula da questa arteria di piccole dimensioni è agevole anche in persone obese (a differenza di quello che succede con l’approccio femorale ).
In sintesi, anche la scelta della via di introduzione vascolare come la via transradiale e l’utilizzo di cateteri di minori dimensioni possono condizionare una sempre migliore prognosi per i pazienti, che hanno inoltre una percezione di “minore invasività”.
Tutto ciò, quando è accompagnato da una procedura eseguita in modo perfetto, consente un recupero funzionale più precoce, rendendo il paziente psicologicamente pronto a riprendere la sua normale vita di relazione.
I controlli
Un’infermiera Le misurerà il polso e la pressione sanguigna. Controllerà inoltre che nella zona di introduzione non ci sia emorragia. Una flebo endovenosa potrebbe inoltre continuare a fornirLe liquidi e farmaci per alcune ore.
Riferisca all’infermiera se:
– avverte dolore al petto o al punto di introduzione
– il braccio o la gamba più vicini alla zona di introduzione diventano intorpiditi o freddi
– avverte una sensazione di calore o umidità intorno alla zona di introduzione (segnale di un’eventuale emorragia)
– nota gonfiore vicino alla zona di introduzione
La convalescenza a casa
Il medico Le spiegherà il decorso della convalescenza e Le darà indicazioni sulle visite di controllo. Si assicuri che qualcuno possa riaccompagnarLa a casa quando sarà dimesso dall’ospedale. Una volta a casa, segua tutte le istruzioni che Le sono state fornite e si informi sui problemi da tenere sotto controllo.
Il decorso della convalescenza
Un grumo delle dimensioni di un’oliva potrebbe formarsi sotto la pelle nella zona di introduzione. Potrebbe anche comparire un livido. Queste sono reazioni normali e dovrebbero scomparire da sole nel giro di poche settimane.
In genere è possibile tornare alla vita attiva uno o due giorni dopo le dimissioni dall’ospedale. Probabilmente Lei potrà tornare al lavoro nel giro di 2 settimane. All’inizio cerchi di non strafare. Consulti il medico prima di intraprendere attività fisica o svolgere un lavoro pesante.
Le visite di controllo
Si rechi regolarmente dal medico per le visite di controllo: queste visite aiutano il medico a valutare le Sue condizioni. In alcuni casi, infatti, l’arteria trattata potrebbe ostruirsi di nuovo; se ciò accade, solitamente succede durante i sei mesi che seguono l’intervento. In questo periodo il medico potrebbe consigliare alcuni esami per verificare se l’arteria è ancora aperta.
Chiami subito il medico se:
– ha dolore, gonfiore, rossore, emorragia o perdita di pus nella zona di introduzione
– avverte angina
– avverte un forte dolore o una sensazione di freddo o nota un colore bluastro al braccio o alla gamba in cui è stato introdotto il catetere
– nota sangue nell’urina o feci nerastre
– ha una qualsiasi emorragia, nel casoLei stia assumendo dei farmaci antiaggreganti piastrinici
Testi redatti da
Dott. Silvio Klugmann, cardiologo, direttore dipartimento cardiocircolatorio “De Gasperis”
Ospedale Niguarda di Milano
Dott. Stefano Tondi, cardiologo emodinamista, responsabile Unità Emodinamica Cardiologia
Nuovo Ospedale S.Agostino-Estense di Modena